Alfabeto culinario - P

P

Pere.
Non perché mi piacciano particolarmente, anche se condivido pienamente il gustoso proverbio “al contadino non far sapere quanto è buono il formaggio con le pere” e se poi il formaggio è un pecorino fresco, burroso e saporito o un gorgonzola cremoso non posso che elevare questo frutto nell’olimpo dei connubi goduriosi.
Le pere entrano a far parte dell’alfabeto per una pratica che, insieme ad una amica d’infanzia, e forse proprio seguendo al sua audace iniziativa, poiché le pere in questione erano nel suo giardino, avevamo messo a punto per procuraci la merenda. Quando, dopo un pomeriggio passato a giocare, ci coglieva una fame giovane, vigorosa e irrispettosa di tutto, andavamo ai filari delle pere che contornavano ordinatamente il perimetro del giardino e dopo aver adocchiato quelle che pensavamo potessero essere mature e succose, inesperte fanciulle che non eravamo altro, per averne al certezza, con contorsioni del collo ci avvicinavamo al frutto e lo addentavamo ancora attaccato alla pianta.
Se non ci eravamo sbagliate coglievamo il frutto e lo consumavamo in loco, altrimenti lo lasciavamo lì, con l’incisione procurata dai denti che si ossidava e passavamo ad esaminare la prossima pera che ci ispirava.
Inutile dire che il nonno della mia amica che si prendeva cura del giardino non approvava questa nostra tecnica.
Il dentino “assassino” torna alla ribalta prepotente (v. Lettera F come Formaggio).

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